Il prezzo invisibile della compensazione
Il prezzo invisibile dei progetti dedicati alla compensazione di CO2
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Il prezzo invisibile della compensazione cambia silenziosamente i suoni della foresta. Le voci non sono piu’ le stesse ultimamente, sono cambiate, non risuonano più nei villaggi dove le abitudini cambiano, i terreni si sfruttano e le storie si interrompono.
Di cosa parliamo? Della foresta Amazzonica. Negli ultimi anni, i progetti di compensazione delle emissioni di carbonio hanno guadagnato terreno, attraverso progetti che hanno lo scopo di mitigare il cambiamento climatico. Spesso sono messi in pratica in regioni remote come l’Amazzonia e celano complessità e conseguenze non sempre considerate.
Le promesse e la realtà
Secondo un’analisi di Carbon Brief, oltre il 70% dei progetti di compensazione esaminati ha causato danni alle popolazioni indigene e alle comunità locali. In molti casi, le terre ancestrali sono state espropriate o utilizzate senza il consenso delle comunità, compromettendo i loro diritti e modi di vita.
La comunità Kichwa nella foresta amazzonica peruviana e’ una delle comunità che si e’ vista privata dei propri diritti. Le terre appartenenti a questa comunità sono state dapprima rese parte del Parco Nazionale Cordillera Azul, per poi essere utilizzate per progetti di compensazione nel 2001. A gestire questi progetti sono state grandi aziende che hanno potuto godere di grandi profitti. Tuttavia, la comunità dei Kichwa non ha ricevuto benefici, portando a una lunga battaglia legale per il riconoscimento dei loro diritti.
Il prezzo invisibile: la perdita della cultura
Diversi scienziati sociali hanno osservato, con crescente preoccupazione, come la trasformazione delle terre indigene per la produzione di biocarburanti abbia effetti profondi e spesso invisibili. In queste comunità, il legame con il cibo è anche un legame con la terra: le abitudini alimentari si fondano da sempre sui frutti raccolti tra i campi, le radure, i corsi d’acqua familiari.
Ma quando le colture tradizionali cedono il passo a piantagioni destinate a nutrire non più le persone, ma i motori, tutto cambia. Il cibo locale, fresco e stagionale, lascia spazio a prodotti industriali, confezionati e trasportati da lontano. Insieme al gusto, si perdono la salute e il senso di appartenenza.

Deb Dowd for Unsplash
Perché non è solo questione di dieta. È la memoria di gesti tramandati, è il sapere antico delle semine, è il canto dei raccolti condivisi, e’ la loro cultura. Quando tutto questo viene spazzato via, si spezza qualcosa anche nell’identità collettiva.
E si perde biodiversità: quella dei campi, delle specie, dei sapori. Ma anche quella dei mondi, dei pensieri e delle culture. Eppure, proprio nella diversità risiede la forza della sostenibilità.
La gestione delle foreste e il ruolo delle comunità indigene
Le comunità indigene hanno dimostrato di essere i migliori custodi delle foreste. Uno studio del World Resources Institute ha rilevato che le foreste gestite dagli indigeni dell’Amazzonia “hanno rappresentato importanti pozzi di carbonio netti dal 2001 al 2021, rimuovendo collettivamente dall’atmosfera 340 milioni di tonnellate nette di anidride carbonica (CO2) ogni anno, equivalenti alle emissioni annuali di combustibili fossili del Regno Unito”.
Tuttavia, molti progetti di compensazione non riconoscono adeguatamente il ruolo centrale di queste comunità nella conservazione delle foreste, spesso escludendole dai benefici economici e dalle decisioni di gestione .
Verso una maggiore consapevolezza
In Colombia è stato compiuto un passo importante: le comunità indigene sono state riconosciute come entità di autogoverno, con pieni poteri amministrativi e accesso diretto ai fondi pubblici. È un gesto che va oltre la burocrazia, potremmo dire una voce finalmente ascoltata e un segnale chiaro: l’autodeterminazione non è un privilegio, ma un diritto.
La foresta e’ parte di noi, un tessuto vivo di storie, di culture, di saperi. Quando cerchiamo soluzioni alla crisi climatica, non possiamo ignorare chi con quella foresta convive da sempre, in un equilibrio sottile e profondo.
Compensare le emissioni non dovrebbe diventare una scappatoia per chi vuole continuare a inquinare, ma un’occasione per riscrivere i nostri rapporti con la Terra. Allora chiediamoci, una soluzione che porta alla perdita di cultura, che spezza un aspetto base della sostenibilità, puo’ essere considerata sostenibile?
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