AI: un Fragile Equilibrio tra Umanità e Tecnologia

AI dita umane e robotiche che si toccano

L’AI ci piace. Ci aiuta, ci fa risparmiare tempo, ci da idee.

AI: riprendendo il nostro articolo di ieri ☝️, siamo davvero pronti?  Quando interagisce con noi, sta prendendo una decisione. E’ bene che si abbia consapevolezza di questo. Quindi se ci facciamo consigliare un libro, se selezioniamo un candidato per un lavoro o chiediamo di scrivere la didascalia di una foto, facciamo prendere all’AI una decisione. Dietro quella decisione c’è qualcuno che l’AI l’ha istruita.  Qualcuno che ha scelto i dati da immettere e le informazioni da usare. Le persone che educano le AI portano sulle loro spalle una responsabilità enorme, non solo tecnica, ma profondamente etica.

Perché l’etica è così importante?

Le Intelligenze Artificiali non sono semplici macchine neutrali, e questo è un fatto che molti scoprono con disillusione. Dietro le Inteligenze artificiali ci sono gli algoritmi. Gli algoritmi sono programmati da umani e possono rifletterne le caratteristiche.

Algoritmo

 

L’algoritmo è un elenco d’istruzioni dettagliate, elaborate per svolgere una determinata attività o risolvere un problema specifico.

Questo vuol dire includere anche i pregiudizi. Questo quindi ci da un’idea del rischio possibile se uno strumento così potente dovesse veicolare anche discriminazioni e stereotipi.

Un caso famoso che ci mostra quanto questo rischio sia reale è quello di Amazon  (leggi qui). Nel 2018, l’azienda ha sviluppato un sistema per selezionare i curricula di candidati e candidate per i propri posti di lavoro. A prima vista, una soluzione efficiente: un software che “impara” da dati passati e suggerisce i profili migliori. Ma qualcosa non ha funzionato. L’algoritmo ha cominciato a scartare sistematicamente i CVs delle donne, perché aveva imparato dai dati storici, dove la maggior parte degli assunti erano uomini. Questo bias implicito, frutto dei dati e del contesto storico, ha trasformato l’AI in uno strumento discriminatorio, proprio mentre si credeva di poter eliminare parzialità umane. Amazon ha dovuto fermare il progetto e rivedere tutto da capo.

I dati sono il cuore e il limite

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La chiave sta nei dati. Se l’AI impara da informazioni incomplete, distorte o sbilanciate, inevitabilmente ripeterà quegli errori. È come insegnare a un bambino solo con una parte della storia, dimenticando l’altra. Per esempio, i software di riconoscimento facciale hanno avuto problemi a identificare correttamente persone con la pelle scura, perché i loro dataset contenevano per lo più volti chiari. Questo ha avuto conseguenze gravi: arresti sbagliati, discriminazioni ingiuste. Nel mondo reale, dove le decisioni automatiche possono influenzare libertà e dignità, questo problema non è un semplice bug tecnico, ma una falla morale. Chi istruisce un’AI deve quindi lavorare con estrema attenzione ai dati, verificando la loro rappresentatività, la loro diversità. Serve un controllo costante, una riflessione continua: l’etica non è un optional.

La trasparenza come atto di rispetto

Un’altra sfida è rendere le AI comprensibili. Quando una persona viene esclusa da un lavoro attraverso un sistema automatico, ha il diritto di sapere perché. Ma spesso gli algoritmi sono “scatole nere”, il loro funzionamento non è chiaro nemmeno a chi li ha creati. Questa mancanza di trasparenza rende difficile correggere errori o bias, e lascia chi subisce una decisione automatica in una condizione di impotenza. Per questo, l’istruttore di AI ha un dovere etico non solo verso il codice, ma verso le persone: quella di costruire sistemi che possano spiegare le proprie scelte. Solo così si può costruire fiducia e giustizia.

Diversità nel team, diversità nell’AI

La storia ha insegnato che il mondo non è monocromatico e non può esserlo nemmeno l’AI. Se chi programma e istruisce le macchine è sempre un gruppo ristretto, spesso omogeneo, il rischio è riprodurre una visione limitata e parziale della realtà. È necessario che i team siano diversificati: per genere, etnia, background culturale e sociale. Solo così l’AI potrà essere inclusiva, solo così potrà servire davvero tutti.

L’illusione della neutralità

Spesso si sente dire che l’AI è uno strumento neutro, e che la responsabilità morale è di chi la usa. Ma questa è una scappatoia per non affrontare il problema. L’addestramento di un’AI è un atto creativo e decisionale, che porta con sé scelte etiche. Ignorare questo significa aprire la porta a conseguenze pericolose, come ha dimostrato il caso COMPAS (leggi qui), un software americano che valutava il rischio di recidiva criminale: l’algoritmo era sistematicamente più severo con imputati di colore, riproponendo disuguaglianze sociali. 

Qualche incidente che fa riflettere

Non è solo Amazon o la giustizia americana. Nel 2015 Google Photos ha etichettato alcune persone di colore come “gorilla” (leggi qui), un errore che ha scosso il mondo tecnologico e sociale, mostrando come anche grandi aziende possano cadere in errori etici e tecnici. 

L’AI ha bisogno di umanità

In fondo, l’AI riflette ciò che le mettiamo dentro. E chi la istruisce ha il compito, forse il più importante, di scegliere con cura e umanità cosa insegnarle. È un lavoro delicato, che richiede consapevolezza, empatia, rigore etico. Perché in quelle righe di codice, in quei dati, ci sono vite, storie, dignità.

Chi istruisce le AI deve ricordare che non sta solo programmando un software: sta plasmando un riflesso del nostro mondo. Un mondo che può essere più giusto, se solo decidiamo di insegnarlo bene.

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Alessandra Gentili

Mi chiamo Alessandra e da molti anni mi dedico con passione all’ecologia e all’ambiente. Un nuovo percorso mi affascina da qualche anno: l’analisi dei dati. Questa disciplina ha il potere di sconvolgere punti di vista e certezze, mettendoci di fronte a verità che non si possono ignorare. Data Driven e Data Storytelling sono la mia nuova passione.

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Mi chiamo Alessandra e da molti anni mi dedico con passione all’ecologia e all’ambiente. Un nuovo percorso mi affascina da qualche anno: l’analisi dei dati. Questa disciplina ha il potere di sconvolgere punti di vista e certezze, mettendoci di fronte a verità che non si possono ignorare. Data Driven e Data Storytelling sono la mia nuova passione.

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