L’immaginario che inquina
Questo é il primo articolo di una miniserie di 3 episodi sulla sostenibilitá morale e dell’immaginario.
Ci hanno convinti che per essere felici bisogna comprare. Ma io non ci credo più.
Sai cos’è che ci inquina prima di tutto? Le storie.
Non parlo di quelle scritte nei libri, ma di quelle che ci girano intorno ogni giorno. Quelle che ci fanno credere che la felicità è avere. Che il valore è nella roba che possiedi. Che se non compri, se non ti vesti in un certo modo, se non hai l’ultimo modello… sei fuori.
Io per anni ci sono cascata.
Pensavo che bastasse cambiare divano, scarpe, telefono, per sentirmi meglio. Poi capisci che non è lì che ti manca qualcosa. Ti manca perché stai cercando nel posto sbagliato.
Perché qualcun altro la pubblicità, la TV, i social, tutto ti ha convinta che la tua vita ha bisogno di essere aggiustata con le cose.
Non con le relazioni, non con il tempo, non con l’ascolto. Con gli oggetti.
Ed è lì che inizia l’inquinamento. Non fuori. Dentro.
L’immaginario é costruito per farci sentire “inadeguati“
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C’è un sistema che si regge su questo: farti credere che non sei abbastanza.
Che c’è sempre qualcuno che ha più di te, che fa meglio di te, che ce l’ha fatta.
E quindi devi inseguire. Spendere. Riempirti.
Ma io oggi mi fermo.
E mi chiedo:
Chi ha scritto questa storia? Perché ci credo ancora? Mi serve davvero tutto questo?
La verità? No.
Mi servono tempo, respiro, persone che sanno guardarmi negli occhi. Mi serve sentirmi utile, vera, anche imperfetta. Mi serve una vita che non ha bisogno di filtri per sembrare bella e di un’ipocrita immaginario .

Basta con queste immagini finte
Il futuro che ci mostrano è sempre lo stesso: pieno di cose, di plastica, di macchine. Tutto veloce, tutto nuovo, tutto senza radici.
Ma il futuro che sogno io è un altro. Ha mani sporche di terra, ha silenzi, ha pane fatto in casa. Ha vestiti consumati ma pieni di memoria. Ha finestre aperte e tavoli dove si parla, non dove si mostra.
Serve un immaginario nuovo. E sai da dove si comincia? Da noi.
Da quello che scegliamo di guardare, leggere, condividere. Dalle parole che diciamo ai nostri figli. Dalla bellezza che decidiamo di vedere anche nelle cose semplici.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Immaginario_collettivo
Siamo pieni, eppure svuotati
Quante case piene di oggetti. Quanti cuori vuoti. È questo che vogliamo davvero?
Io non voglio più essere parte di una corsa che non porta da nessuna parte. Voglio scegliere, ogni giorno, cosa vale davvero.
Anche se è più lento, anche se sembra “fuori moda”.
E non è solo una questione ecologica. È umana.
Non possiamo cambiare il mondo se prima non cambiamo le storie che ci raccontiamo.
Quelle che ci mettiamo in testa, quelle che lasciamo entrare.
Quelle che danno forma al modo in cui trattiamo gli altri, e il pianeta.
Allora te lo chiedo
Che storia stai vivendo? Chi l’ha scritta? Ti somiglia? Io sto riscrivendo la mia, piano, sbagliando, a volte. Ma almeno è mia. E non mi fa venire il fiato corto. Mi fa sentire intera.
Inizia anche tu perché: il futuro inizia da una condivisione
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